"Nelle selezioni concorsuali ed idoneative (nella specie: esami per la professione forense) il giudizio negativo espresso con un punteggio, se vale ad esternare la conclusione cui sia pervenuto chi abbia proceduto alla valutazione, non basta a spiegare l'iter logico (salvo il caso di parametri rigorosamente prefissati, che esula dalla fattispecie), cioè le specifiche ragioni che abbiano condotto a quella conclusione, poiché il voto non integra la doverosa esternazione della motivazione del giudizio, la quale deve necessariamente trovare riferimento in criteri valutativi prestabiliti, dato che, in assenza di parametri predeterminati, ogni valutazione risulterebbe arbitraria e dunque illegittima, anche alla luce della previsione di cui all'art. 12 comma 1 d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, come mod. dall'art. 10 d.P.R. 30 ottobre 1996 n. 693. "( Tar Bologna 21.04.2004 n.568, sez.I) . Da questo breve stralcio giurisprudenziale, si può agevolmente notare dal neretto, come la disciplina di cui al DPR 487, sia tutt'altro che avulsa dagli esami idoneativi, anche se qui con riferimento alla vexata quaestio della valutazione numerica. Se, come preteso, la disciplina per i varii esami idoneativi fosse speciale, ben si potrebbe argomentare che in questo tipo di selezioni, benchè non vi sia una ristretta cerchia di posti a concorso ma un titolo abilitativo, sia sufficiente il voto numerico,od anche una motivazione di stile, che nulla aggiunge o chiarisce al voto. In effetti è quello che sostiene un certo orientamento giurisprudenziale, ma quello che più stupisce è che spesso quei giudici che invece sostengono la necessità della trasparenza, quale presupposto per l'esercizio dei propri interessi legittimi anche in sede giudiziale, poi lo pretermettano quando ad esempio si tratta di assicurare lo stesso principio e quindi la medesima tutela sotto altri aspetti e fasi delle procedure abilitative. Nel rilevare questa incongruenza, non si capisce come e perchè possa essere invocato l'art. 12 riguardo alla pretesa delle Commissioni esaminatrici di "liquidare" l'esaminato con facili somme aritmetiche, che non consentono alcun tipo di difesa giudiziale; mentre viene del tutto obliterato sotto il riguardo della necessaria estrazione a sorte delle domande d'esame ( in sede di orali): giacchè il criterio generale dell'imparzialità, non solo, esige, com'è ovvio, che le domande non sia concretamente conosciute prima dell'esame, ma che sia astrattamente impossibile conoscerle. Ora, è scienza comune, che gli esaminatori non posseggono leonardescamente l'intero scibile giuridico, e spesso pongono e ripropongono le medesime domande, specie nelle materie in cui non sono specializzati.
Infine:" Il principio della previa fissazione dei criteri e delle modalità delle prove concorsuali che, ai sensi dell'art. 12 d.P.R. n. 487 del 1994, devono essere stabiliti dalla commissione esaminatrice, nella sua prima riunione, deve essere inquadrato nell'ottica della trasparenza dell'attività amministrativa perseguita dal legislatore, che pone l'accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti, con la conseguenza che va ritenuta legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la loro effettuazione, purché prima della loro concreta valutazione." ( cfr C.S. del 22.09.05 n.4989, Sez. IV). Quest'ultima sentenza è riferita ad un originario ricorso contro il Ministero della Giustizia proprio nella materia in oggetto.
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