Sentenza 9 gennaio 2013, n. 350
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1.- I.D. ha convenuto in giudizio la s.p.a. Intesa BCI lamentando che il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato il 19.9.1996 per l'acquisto della propria casa era da considerare usurario. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda volta a sentir accertare l'illegittimità della misura degli interessi stabiliti nel contratto di mutuo, in relazione alla rata di Euro 20.052,48 richiesta con lettera del 6.11.2001, sulla base della considerazione che, ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2, per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà. Considerato che il D.M. 27 marzo 1998, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell'8.29%, ha quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario.
La Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione
di primo grado evidenziando che i motivi posti a base dell'appello erano
aspecifici rispetto alla motivazione della decisione del Tribunale. L'appellante
si era limitato ad invocare apoditticamente la natura usuraria degli interessi
pattuiti senza contestare i parametri adottati dal primo giudice per valutare la
fondatezza della domanda e senza indicare, in concreto, le ragioni di fatto e di
diritto idonee a ribaltare la decisione impugnata. Privi di rilevanza erano i
riferimenti allo scopo per cui era stato stipulato il mutuo. Infine, la
maggiorazione del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa
in considerazione, data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso
usurario. Da ultimo, ha ritenuto che le richieste istruttorie di ordinare ex
art. 210 c.p.c., l'esibizione del carteggio intercorso tra le parti e di ctu
contabile che quantificasse le differenze incassate in eccedenza dalla Banca
fossero inammissibili per la loro genericità e per il carattere meramente
esplorativo nonchè prive di attinenza con i motivi posti a base del
gravame.
Inammissibili erano le deduzioni per la prima volta proposte nella comparsa
conclusionale ove I.D. cercava di sopperire alle carenze del gravame, indicando,
per la prima volta, i tassi, a suo dire applicati (e non quelli pattuiti
rilevanti ai fini dell'azione proposta) ed il tasso soglia che riteneva
superato.
I motivi, sul punto, non erano specifici.
2.- Contro la sentenza di appello parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con i quali denuncia 1) vizio di motivazione e 2) violazione dell'art. 1421 c.c.
Resiste con controricorso la s.p.a. Italfondiario quale procuratore
della s.r.l. Castello Finance in luogo della s.p.a. Intesa Gestione
Crediti quale procuratore di Banca Intesa nonchè quale procuratore della s.p.a.
Intesa Gestione Crediti quale procuratore di Banca Intesa.
3.1.- Il primo motivo, sub a), contiene riferimenti alla nullità della clausola determinativa degli interessi (con riferimento al tasso ABI) che risulta si proposta in primo grado ma, sebbene implicitamente disattesa dal Tribunale, non risulta specificamente (ma neppure
genericamente) riproposta in appello (v. trascrizione dell'atto di
appello alle pagg. 3 e 4 del ricorso).
Si che la relativa censura è inammissibile.
Il profilo della censura relativo all'anatocismo ù che neppure è menzionato
nella sentenza impugnata ù risulta dedotto in appello "in
considerazione del fatto che con il piano di ammortamento la Banca ha di
fatto applicato l'anatocismo vietato dalla legge" (v. trascrizione in ricorso,
pag. 4).
Nel motivo di ricorso, invece, parte ricorrente lamenta che la
banca "pretende interessi sugli interessi infrannuali come emerge
dalle quietanze esibite".
Trattasi di censura affatto nuova - oltre che generica - come
tale inammissibile.
3.2.- Quanto al profilo sub b) (usurarietà dei tassi) va rilevato che parte ricorrente deduce che l'interesse pattuito (inizialmente fisso e poi variabile) era del 10.5%, in contrasto con quanto è previsto dal D.M. 27 marzo 1998, che indica il tasso praticabile per il mutuo nella misura dell'8.29%.
Tale tasso dovrebbe ritenersi usurario a norma della L. n. 108 del 1996,
art. 1, comma 4, tanto più ove si consideri che fu richiesto per l'acquisto di
un bene primario quale la casa di abitazione e che dovrebbe tenersi conto della
prevista maggiorazione di 3 punti in caso di mora.
La censura sub b), nella parte in cui ripete l'assunto - già correttamente
disatteso dalla Corte di merito - secondo cui la natura usuraria discenderebbe
dalla finalità del mutuo, contratto per l'acquisto della propria casa, è
infondata in quanto, ai sensi del nuovo testo dell'art. 644 c.p., comma 3, sono
usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge ovvero "gli
interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi
che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato
per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla
prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando
chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o
finanziaria".
E, a tale scopo, non è sufficiente dedurre che il mutuo è stato
stipulato per l'acquisto di un'abitazione.
La stessa censura (sub b), invece, è fondata in relazione al tasso usurario
perchè dalla trascrizione dell'atto di appello risulta che parte ricorrente
aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il
tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo
di mora, laddove, invece, ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p.,
e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano
il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi
o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi
moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: "il riferimento,
contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque
titolo convenuti rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione -
l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui
il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori"; Cass., n.
5324/2003).
3.3.- Sulla censura sub c) (relativa al mancato accoglimento di istanze istruttorie) va ricordato che "il provvedimento di cui all'art. 210 cod. proc. civ. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione" (Sez. 2, Sentenza n. 22196 del 29/10/2010). Peraltro, l'esibizione a norma dell'art. 210 c.p.c., non può essere ordinata allorchè l'istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione in questione (Sez. 1, Sentenza n. 149 del 10/01/2003), come nella concreta fattispecie.
Il ricorrente, poi, nulla deduce in ordine alla decisività di tale
mezzo istruttorio, anche in considerazione di ciò, che la domanda era
limitata alla rata richiesta con lettera del 6.11.2001 e il cui importo
risulta determinato in Euro 20.052,48, in relazione alla quale soltanto
erano state formulate le conclusioni in primo grado e in appello ("la
non debenza dell'importo reclamato dalla banca").
4.- Quanto al secondo motivo, la censura è infondata, posto che, pur trattandosi di questione (di diritto) rilevabile d'ufficio (nullità della convenzione di interessi usurari), gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e, dunque, l'indicazione del tasso applicato contenuta (soltanto) nella comparsa conclusionale non poteva che essere ritenuta tardiva, tenuto conto della necessità che i motivi di appello, ex art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l'atto di appello. E' vero, infatti, che la deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche d'ufficio, non integrando gli estremi di un'eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, che può essere avanzata anche in appello, nonchè formulata in comparsa conclusionale, ma ciò a condizione che "sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio" (Sez. 1, Sentenza n. 21080 del 28/10/2005).
5.- Infine, quanto alle difese della banca e alla reiterazione della questione di nullità dell'atto di citazione, va rilevato che non risulta
impugnata con ricorso incidentale l'affermazione della sentenza della corte
di merito (che la resistente ritiene erronea) circa la necessità
di riproposizione della questione stessa con appello incidentale e
la conseguente inammissibilità dell'eccezione.
Si che sul punto si è formato il giudicato interno.
Da ultimo, quanto all'asserita carenza di interesse ad agire
dell'attrice in ordine alla proposta domanda di accertamento negativo, è appena
il caso di evidenziare che l'interesse è sorto dalla richiesta rivolta
dalla banca alla mutuataria. Richiesta che si assume relativa a somme
non dovute, previa declaratoria di nullità della pattuizione di interessi che
si assumono usurari.
6.- La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alla censura
accolta (determinazione del tasso soglia comprensivo della maggiorazione per la
mora) con rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione per
nuovo esame e per il regolamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
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