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Legge Pinto: si applica il maggior indennizzo ante novella '16 al superamento dei termini maturato prima dell'entrata in vigore della legge e comunque prima del 31 ottobre 2016

Partiamo dalla norma che interessa, quella che detta gli scaglioni per annum dell'indennizo:
Art. 2-bis
(Misura dell'indennizzo.
Siamo  passati dal range di  non meno di  500,00€ e non più di 1500,00€ ,con  un taglio di scure, che ha ridotto il precedente scaglione,  a questo: da non meno di 400,00€, ed a non più di 800,00€..a tutta prima, sebbene siano passati già dei mesi,   quello che più conta, è che, non è una disciplina processuale.Questa è norma chiaramente sostanziale : perchè  è processuale, solo la norma attinente al giudizio, e che ha come precipua caratteristica di non applicarsi retroattivamente; altrimenti anche i compensi tabellari ex d.m. giustizia n.55/14 sarebbero norme processuali, ed una loro  riduzione, comporterebbe il ricalcolo del compensi difensivi , benchè svoltosi sotto l'imperio della disciplina delle precedenti tariffe. Nel caso della legge Pinto, verrebbe da dire, si  lederebbe un danno quesito (!) Ma , sopratutto qui, con questa nuova draconiana riduzione,  siamo ben al di sotto, non solo dei 750,00 € famosi della Cassazione, ma contro l'art. 11 delle preleggi,  per cui la legge non dispone che per l'avvenire.........
Per le norme processuali, è chiaro il principio espresso dall'art   5c.p.c., che coincide col momento della    proposizione della domanda; ma per le norme di carattere sostanziale, che sono quelle che regolano status giuridici o posizioni garantite od aspettative,non può e non deve applicarsi  questo principio: proprio per quella elementare basilarità, espressa dall'irretroattività della legge, non solo penale, ma, anche civile e persino tributaria sv legge 212/00).Dobbiamo tornare ai manuali istituzionali ( cfr Trabucchi -Commentario breve al codice civile'11, pp26 e ss) se ancora occorre ribadire che la legge nuova, non solo non deve essere applicata ai rapporti giuridici esauriti, cioè ormai morti, improduttivi di effetto di sorta. Ma, ed attenzione, qui, siamo al manuale istituzionale, anche, a quei rapporti ancora in atto e comunque sorti, precedentemente alla novella legislativa, perchè, tali rapporti non vengano ad essere pregiudicati nei loro effetti attuali o futuri ( cito dal Trabucchi p.26 e ss).
Direi che questo argomento taglia la testa al toro, ma non convince il legislatore-contabile italiano.
Se poi il Lettore, ha maggior propensione per le leggi comunitarie, l'art.6 della CEDU è stato ed è fonte di numerose sentenze della Corte argentorata ( cfr Raffinerie greche Stran e Stratis Andreatis c/Grecia, anno 1994). A differenza di quanto sostiene il nostro giudice, l'art.6 della CEDU, deve essere applicato indipendentemente dalla natura  pubblica degli enti coinvolti, od interessati nella controversia. Di fatto tramite una legge retroattiva, sia essa mascherata da  interpretazione autentica, o meno, si realizza una intromissione, palese, del potere politico, nell'amministrazione della giustizia, e...per il colmo della ventura, in procedimenti come quello  disciplinato dalla legge  24.03.2001 n.89, in cui è proprio lo Stato, o meglio l'Erario, parte interessata, con ciò facendo traballare, un altro cardine dell'ordinamento espresso, col noto latinetto, nemo judex in re propria; Nella vertenza Papageorgiouc/Grecia,  si tratta di un ricorso proposto da pubblici  dipendenti, per ottenere il rimborso di alcune somme che la società elettrica (in mano pubblica) aveva   inopinatamente trattenuto dal loro stipendio; a tal punto, lo Stato greco con legge retroattiva, rende di fatto inutile la prosecuzione della controversia; lo Stato greco, si era  fatto una legge a suo favore, per l'appunto vanificando l'amministrazione della giustizia, CON AZIONE, PER L'APPUNTO RETROATTIVA....
Il vizio della legislazione retroattiva, comporta rilevanti rischi sullo sviluppo delle controversie, di cui lo Stato o gli EE.PP. sono parti.Lo Stato non può svantaggiare la parte privata (cfr Ogec St Pie et Blanche de Casteille et autres c/Francia ) Ed ancora i casi eclatanti: Vezon c/Francia e Ducret c/Francia, in cui con legge retroattiva, la parte pubblica rendeva più difficile la restituzione di un prestito. Oltre quanto detto, la legge retroattiva sfida un altro principio-base dell'o.g., quello del legittimo affidamentoo, su cui si fonda lo Stato di diritto. art.1 CEDi.Bisogna dire, che lo standard, fissato da Strasburgo , quale indennizzo minimo per anno è di€ 1.000,00€, per intenderci, oltre il massimo del range fissato dalla nuova, pidocchiosa, Pinto, che è 800,00€; La Corte di Strasburgo ha stablilito, che per andare sotto ai 1000,00€  si deve trattare di soggetto in condizioni economiche non poi tanto negative, un benestante insomma...di una causa la cui natura e valore venale, giustifica l'indennizzo ridotto sotto al minimo europeo, una causa che tradotto in buona lingua, di centinaia di migliaia di €€ se non ,milioni, e che l'impatto della durata eccessiva del processo sul soggetto, non abbia , questo è già più difficile, perchè anche i ricchi piangono, poi avuto tutto questo danno psichico.
La Cassazione VI^ s.1364 del 26.01.15 fa riferimento all'indennizzo secondo i parametri europei, ma nello stesso tempo dice, che l'indennizzo, non sia meramente simbolico. Devo dire che l'utilizzo del termine "al ribasso" già da' il senso delle parole, ;come invece si è visto, erra Cass VI s.4282 del 03.03.15, che sosistiene l'art. 6 cit. C.E.D.U.  introdotto co art. 2 e ss. legge Pinto, non riguardare, così si esprime la Corte" il nocciolo duro delle prerogative attinenti alla sovranità statale". Non è inutile ricordare, che il termine per la notifica del ricorso non è perentorio, ma può essere concesso nuovo termine ( cfr SS.UU. n.9558/14). In ordine alla quantificazione, il c.d. schmertzgeld, o ristoro pati, dovrebbe conseguire in re ipsa, dall'acertamento della violazione dell'art.6 CEDU ( cfr Ricciardi c/Zullo-Corte di Strasburgo); strettamente rifacendosi alla legge Pinto, il danno patrimoniale dovrebbe comprendere tanto le perdite subite, quanto il mancato guadagno, oltre le spese processuali e le difficoltà nel conseguimento del credito.
Il limite draconiano 400-800€ , imposto dal nostro legislatore in vena di tagli, alla non equa riparazione , è tuttavia soggetto, a lievi discrezionalità, ex parte judicis, comunque, senza mai superare il valore della causa- se ce ne fosse pericolo- od andar sotto al valore del diritto accertato dal magistrato; pertanto, in linea teorica, la nuova Pinto, prevede la possibilità di discostarsi dalla base 400-800€.
Non si ravvisa in tutti questi casi, alcun nocciolo duro di prerogative sovrane dello Stato, dovendo ex art. 1 CEDU, prevalere l'affidamento del cittadino, che peraltro, già prevale in ambito tributario, che credo la Cassazione, consideri, nel c.d.hard core , dello Stato, e debba in fatto prevalere su tutto; nè pare ci siano estremi d'imperativo interesse generale: clausula di chiusura buona per tutto, che nullificherebbe ogni più sacro principio, se applicata con contabile spregiudicatezza! Preciso che la disciplina intertemporale della stessa legge Pinto, cfr art6/Ii^ co.bis prevede l'applicazione dei vecchi parametri più larghi, ai procedimenti in itinere al 31.10.16 o che a tale data hanno già maturato i termini irragionevoli cui consegue l'indennizzo, o meglio l'eccesso dai termini ragionevoli ( la novella è per l'appunto del '16) A questo punto non si capisce perché l'art 6 della Pinto, non si debba applicare e con maggior ragione, a fortiori, ai rapporti processuali esauriti per quanto passibili di indennizzo o se non debba interpretarsi proprio in tal senso.

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